La luna era già alta nel cielo. Chiara, nel suo lettino, guardava la nonna rimboccarle le coperte. " Dormi, ora..!", le sussurrò con dolcezza. Con la mano le sfiorò la fronte. La febbre, apparentemente era scomparsa. Si chinò per baciarla, ma la piccola la trattenne per la gonna. "Nonnina..!" — supplicò — "Non andartene subito, per favore! Non ho sonno. Resta.., fammi compagnia..! Mi racconti una nuova favola?". La nonna la sollevò e la prese sulle ginocchia. "Vieni quì", le disse e iniziò pacatamente a raccontare. "Erano le ore notturne, quelle che Giada più amava. Ore in cui poteva ritrovare se stessa nella ricerca di un po’ di solitudine e tranquillità. Sempre alla stessa ora, dopo a ver lasciato lo sfarzo, le luci, i suoni del castello, la fanciulla scendeva la lunga scalinata che la separava dal grande parco. Sui rosai e tra gli stretti viali fiancheggiati da una vegetazione da sogno, si alternavano giochi di luci spruzzate d’argento, ed ampi spazi di ombre cupe. Tutto era immerso in un sonno profondo. Soltanto la grande fontana, nel bel mezzo dell’aiuola centrale, non accennava a tacere. Il gorgoglio incessante dell’acqua, impediva al gruppo marmoreo che emergeva nel centro, di godersi il giusto riposo. Le sei leggiadre ninfe, scolpite a grandezza naturale in levigato, pregiato alabastro, apparivano frastornate nella penombra, scure in volto, forse sfinite per quelle grosse anfore troppo grevi che erano costrette a reggere, da cui scaturivano zampilli che ricadevano nell’acqua, nella grande vasca sottostante. Creatura della notte, dea emersa dal nulla, Giada scivolava svelta tra i bui corridoi, accarezzata da un raggio lunare, che rendeva cangianti l’abito di setoso raso e gli splendidi, biondi, lunghissimi capelli. Sostò per qualche minuto su una piccola panca sotto il gazebo in legno scolpito, assaporando quella pace ritrovata. Immersa nell’atmosfera irreale, densa dell’intenso profumo dei fiori, creava mentalmente fantasie che non mancavano un poco di intimorirla, quasi temesse si potessero materializzare, con la forza della sola sua fervida immaginazione.Chissà se realmente esistevano le fate, gli gnomi, si chiedeva..! Magari, erano celati tra i rigogliosi cespugli, intimoriti dalla sua inappropriata presenza…! Li immaginava sbucare repentinamente da dietro i tronchi degli alberi secolari. Poi, sorridendo per quei suoi fanciulleschi timori, ricomponendosi, si rialzava e si dirigeva lentamente verso il lago. Giuntavi, si appoggiava morbidamente, alla candida balaustra marmorea e si perdeva ad osservare, trasognata, le acque che scorrevano lentamente, mormorando sottovoce, quasi temessero d’infrangere quel magico silenzio. Anche l’acqua, pensò, poteva avere un suo linguaggio…! In quel preciso momento, stava forse comunicandole qualcosa. O forse, stava semplicemente sussurrando dolci, incomprensibili poesie, rimirando il cielo stellato, catturando le luci degli alti lampioni. Luci che si tuffavano e tremolanti rimandavano, da quello specchio scuro in movimento, una miriade di gocce di fuoco. Un sussurro improvviso le arrivò dalle acque spaventandola : " Principessa.., ti stavo aspettando…!". Giada impallidì. Chi poteva avere parlato? Forse era stata proprio lei, influenzata dalle precedenti fantasie in giardino, a percepire suoni e voci inesistenti…. Si guardò intorno. Non vide nessuno. Rimase in ascolto. Percepì il mormorìo del lago sempre uguale, placido. Tornò a fissare l’acqua con una lieve inquietudine nel cuore. "Principessa…, ti stavo aspettando..!". Riudì quel sussurro. Questa volta, però, era certa di avere percepito chiaramente, realmente quelle parole…! L’acqua le stava parlando…L’acqua… o qualcuno, qualcosa di invisibile che tra quelle morbide onde si celava e la stava osservando… Cercò di sporgersi per poter sondare, nell’oscurità, ogni onda più attentamente e lo sguardo stupito, mise a fuoco uno splendido cigno bianco ed immobile, proprio sotto di lei. Allibita, si chiese come potesse un cigno parlare.. e lei, come potesse comprenderne il linguaggio… Osò una domanda. "Bel cigno candido.., sei tu ad avermi parlato?". La risposta, non tardò ad arrivare. " Sì, Principessa, sono io! Qualcuno che non conosci e di cui sono devoto messaggero, fedele servitore, ti osserva tutte le sere da tempo, affascinato dalla dolcezza del tuo sguardo, dalla tua bellezza. Vorrebbe incontrarti, ma…. dovresti seguirmi…! "E dove dovrei venire..?". "Ora lo vedrai…! Non stupirti, non temere per quello che tra breve accadrà..!". "Spiegati, per favore, non capisco….!". Il cigno, tacque, mentre le acque del lago, iniziarono ad agitarsi fino che iniziò ad emergere una sagoma rotondeggiante, azzurra, trasparente. Man mano che saliva in superficie, i contorni, divenivano sempre più nitidi… Fu una grande sfera in cristallo del colore del cielo, a materializzarsi sull’acqua, dinnanzi ai suoi occhi attoniti. " Dio mio.., ma quella cos’è..!". Il cigno,senza rispondere, spiccò un volo fino a raggiungere la balaustra. "Sali ed aggrappati a me….! Poi.., vedrai e capirai…!". La fanciulla obbedì, mentre dalla sfera, notò, si stava aprendo una porticina da cui fuoriusciva una breve piattaforma. "Ora, puoi salire da sola ed entrare..!", decretò con voce ovattata, gentile. La giovane oltrepassò timorosa la porta del globo. Stupita, notò che l’interno, non aveva nulla da invidiare alla più confortevole e lussuosa delle sue carrozze. Il cigno, sull’acqua era svanito. Ora, un giovane il livrea dello stesso colore, stava invitandola ad accomodarsi su un morbido divanetto celeste. La porta si richiuse e, lentamente, la gigantesca palla, iniziò ad inabissarsi tra mille bollicine e mille pesciolini che, indisturbati, la circondavano incuriositi. Scese giù, sempre più giù, fino che si appoggiò con un lieve sobbalzo sul fondale, in prossimità dell’apertura di un grande tunnel trasparente. Solo allora, la piccola porta si riaprì e Giada, guardò sbigottita la splendida carrozza, che li stava attendendo, trainata da un paio di destrieri azzurri. Dai finestrini della stessa, la fanciulla notò che quel tunnel, ad imbuto, si apriva su uno spazio immenso; su una autentica piccola città di vetro, al centro della quale, si ergeva maestoso un grande castello tempestato di pietre preziose.. Lo circondava un incantevole giardino ricco di strani alberi con fitti rami, foglie in madreperla e curiosi fiori in corallo. Estasiata, osservò gli indaffarati abitanti di quella strana città. Fanciulli e ragazze deliziose, avevano pinne argentate al posto dei piedi, delle mani e piccole ali variopinte sulla schiena. Per potersi forse facilmente spostare all’interno ed all’esterno, pensò. Mentre Giada osservava tutto, stupita, seguendo il viaggio dei tanti pesci che nuotavano al di fuori, la carrozza si fermò ai piedi della lunga scalinata della reggia. Il valletto la aiutò a scendere. Poi, senza parlare, la condusse all’interno. Attraversarono ampie stanze ricche di specchi, stucchi ed intarsi in oro, con mobili sontuosi e tendaggi vaporosi come nuvole, fino a raggiungere la più grande. La stanza delle statue, in cui si apriva un lungo corridoio centrale arginato da due file di sculture altissime raffiguranti fate, dame, piccoli gnomi, al termine del quale, all’improvviso, apparivano tre gradini sovrastati da un imponente, prezioso trono. Restò incantata a guardare la figura che vi stava seduta, incapace di muovere ancora un passo. Ipnotizzata. Il giovane si alzò. Sorridente le si fece incontro scendendo lentamente i gradini per poterla raggiungere. Era bellissimo. Grandi occhi neri, penetranti, ridenti, capelli scuri, morbidi che ricadevano sul manto bianco profilato d’ermellino. Il principe del lago, le tese la mano. "Vieni…!" - mormorò - " Giada…, sapessi quanto ho desiderato averti qui nel mio regno..! Ogni sera, quando ti avvicinavi alla balaustra e perlustravi languidamente l’acqua, ascoltando i suoi sussurri…, tra quei mormorii vi era anche il mio…Tu guardavi le acque…, io, guardavo te ed ho compreso che se desideravo una principessa accanto, quella, non avresti potuto essere che tu…! Tu sei la fanciulla che mi ha rubato il cuore. Se vorrai, questo regno sommerso, sarà tuo. Tuo sarà questo castello. Avrai damigelle, valletti al tuo servizio. Quando, però gradirai tornare in superficie, potrai farlo….! Non voglio estirparti dal tuo mondo, dolce Giada..! Ti sto solo chiedendo di dividerlo con il mio, consapevole che quaggiù, ci sarò sempre io ad attenderti con trepidazione e tanto, tanto amore...!". La principessina, mentre il giovane parlava, lo osservava commossa da tanta devozione, da quell’amore tenero e struggente. Comprese che il suo cuore aveva già scelto. Oltretutto… si sentiva già fortemente attratta da lui.. "Principe.."- lo apostrofò con dolcezza - "Tornerò in superficie…! Là c’è la mia famiglia, mia madre, mio padre, mia sorella Arianna..." - notò una smorfia di dolore sul suo bel volto, a quelle sue parole, ma era certa che l’avrebbe vista svanire, proseguendo il discorso…"ma… vi tornerò unicamente per riabbracciarli e salutarli, per comunicare loro che sarò tua sposa. Ritornerò…! Ritornerò per starti sempre accanto!". Gli occhioni di Chiara si spalancarono, felici. Battendo le manine chiese alla nonna : " E poi, nonnina?". " Poi..., la bella principessina, sposò il bellissimo principe ed andò a vivere nella magica città azzurra adagiata sul fondale del lago. Vissero felici e contenti ed ebbero tanti bei principini..!" Gli occhioni della piccola iniziarono a chiudersi per la stanchezza. Avevano resistito anche troppo, al lungo racconto. Sbarrati, sognanti, fino al termine della favola, fino all’ultima parola della nonna. Piano piano, il mondo dei sogni la rapì, tra le sue braccia, ed ella teneramente, la ridepose piano nel suo lettino…. |