Dal triste giorno in cui i genitori erano volati in cielo, Alice era andata a vivere con i nonni in una semplice, ma deliziosa casetta tinteggiata di rosa, adagiata ai piedi delle montagne. Una rustica staccionata in legno scuro e verdi cespugli, arginavano il giardino che nonno Amilcare curava con precisione maniacale. Il prato, sempre rasato, ospitava, qua e là, ciuffi di piccoli fiori gialli. Non mancavano neppure gli alberi da frutto ed una bella altalena appositamente ed amorevolmente collocata, in previsione del suo arrivo. Al di là della staccionata, un limpido ruscello cantava una melodia sempre uguale, ma gioiosa. La piccola tenuta, distava alcuni chilometri dal paese. Nel circondario non vi erano abitazioni, nessun bambino con cui poter giocare, ma, durante la bella stagione, Alice non soffriva di solitudine, nonostante l’isolamento, fosse rotto solo, sporadicamente, dalla presenza di qualche pastore che portava a valle le proprie greggi per il pascolo. Amava bagnarsi nel corso d’acqua, giocarci, lavare le sue bambole, i loro vestitini, proprio come una vera donnina. Sognava, infine, di arrivare sino al cielo quando si spingeva con foga, verso l’alto, sulla robusta altalena..! Su…, sempre più su, verso le nubi, verso quell’azzurro che più sembrava vicino, tanto da poterlo quasi toccare, più la invadeva d’angoscia. I pensieri, rincorrevano i ricordi.., i ricordi riportavano il sorriso rassicurante di papà, la fresca dolcezza di mamma… Li immaginava lì, accanto a lei, celati dietro quel celeste lenzuolo luminoso che non le permetteva di vederli, toccarli, abbracciarli, ma neppure le impediva, di sentirli accanto…! Gli occhioni, si colmavano, allora, di lacrime ricacciate in fretta, nel timore di essere scoperta in quei momenti di fragilità che avrebbero turbato la nonna, desiderosa di saperla forte e serena. Quando, però, nel cuoricino si insinuava la malinconia, l’altalena, il cagnolino Fufi, il gaio ruscello, non riuscivano più a distrarla, a divertirla. Mesta, lasciava il giardino. Di soppiatto rientrava in casa, nella speranza di non essere notata, per non dover offrire fasulle spiegazioni, e si affrettava a raggiungere la sua cameretta. Avvertiva, in quei momenti, l’impellente necessità di parlare con qualcuno che la comprendesse pur senza parole, che la ascoltasse pur senza risponderle, pur senza elargirle i soliti teneri, ma talvolta noiosi consigli, che era solita propinarle la nonna. Quella piccola stanza, celava la cosa per lei più importante, il ricordo più bello, in grado di farle rivivere momenti indimenticabili. Seduta sul letto, immobile, Corallina la stava attendendo. Gli occhi di vetro azzurro, sembravano fissarla dolcemente, invitarla a parlare, confidarsi. L’avrebbe capita... , promettevano… e Alice… ne era sicura….

La piccola la prese tra le braccia, la strinse forte. "Come vorrei poter abbracciare ancora così la mia mamma..!" - mormorò – " Sei stata l’ultimo regalo che mi ha fatto, quando ho compiuto sette anni. Per questo, mi sei tanto cara..! Era stata proprio lei, ridendo, a scegliere il tuo nome, ricordi..? Facevamo a gara per trovartene uno grazioso. Mi disse: "Ha il vestitino color corallo. Perché, Alice, non la chiamiamo Corallina?". Così, sei diventata Corallina; la mia compagna di giochi, mia unica amica, mia confidente…! A te, posso raccontare tutto. Con te, posso anche piangere liberamente..!". E fu stringendola ancor più forte, che continuò a parlarle. Le ricordò, con la vocetta incrinata dall’emozione, dal dolore, la bella casa che avevano in città. La bella stanzetta che papà e mamma le avevano fatto. Le feste, i regali che arrivavano per i compleanni, i magici Natali sotto il gigantesco albero illuminato. Flash di vita appartenenti ormai al passato che si erano fermati e resistevano indelebili. E ancora, parlò della scuola, delle amiche che aveva lasciato làggiù ed andavano spesso a fare i compiti con lei. Lì, tra le montagne, era il nonno, la mattina, ad accompagnarla in automobile a quella del paese vicino... Non vi erano, però bambine, per la distanza, in grado di raggiungerla…! Quando l’estate moriva, ritornava il freddo, solo allora, Alice iniziava ad essere triste. Glie lo confidò… e Corallina rimase immobile ad ascoltarla, con quell’inadeguato, dolce sorriso, stampato sulle piccole labbra rosa, non in sintonia con la mestizia dell’argomento...,ma con il piccolo, invisibile cuore turbato, toccato da tanta nostalgia e solitudine.. Durante la lunga stagione invernale, il ruscello gelato, smetteva di cantare. Le montagne ed il prato si imbiancavano, repentinamente…incanutivano, ed il fuoco, nel camino, non riusciva a riscaldarle l’anima, squagliare il gelo della tristezza, inondarla di calore. La piccola, osservava la normale quotidianità che le scorreva intorno, giorno dopo giorno, perennemente uguale, priva di sorprese, gaiezza, vita. Si sorprendeva, sovente, a fissare il nonno sprofondato nella sua sedia a dondolo, osservare assente cerchi concentrici di fumo che si levavano dalla pipa portata alle labbra ed aspirata con avida solennità. Guardava nonna Antonia appesantita dall’età avanzata, dalle spesse vesti, dello scialle scuro che le ricopriva le spalle e la faceva sembrare ancora più anziana, sferruzzare velocemente accanto al caminetto. Fufi, apatico, dormiva allungato sul tappeto.. ed a questa immagine di quiete sonnolenta, Alice, ne sovrapponeva inconsciamente un’altra più esuberante, vitale. Rivedeva la mamma, bella, alta, bionda, solare, sempre indaffarata. La mamma che non la perdeva mai di vista, che interrompeva i mestieri per correre ad abbracciarla. La mamma che si rotolava con lei sul grande tappeto del salotto, quando la vedeva pensierosa, per farla giocare, ridere, scherzare, che coccolava le sue bambole e, divertita, confezionava loro nuovi abitini. La mamma.., la mamma, sempre la mamma..!! E nuove lacrime pungevano ancora gli occhi, chiedendo imperiosamente di sgorgare per alleggerire il cuore. Alice si gettava sulle lenzuola e, sotto gli occhi della bambola prediletta, dava libero sfogo a quel fiume di cocente frustrazione. Ma in quella stanza, insieme a Corallina, vi era anche, non visto, Gabriele. Un angelo piccino, profondamente turbato da tutto quanto aveva ascoltato e visto. Quel giorno, restò a guardarla in silenzio appollaiato sul davanzale della finestra, chiedendosi cosa avrebbe potuto fare per aiutarla. Era una bambina..., pensava, aveva bisogno di ridere, comunicare con una creatura della sua età. Non doveva restare isolata… Una bambola per amica… era ben poca cosa…! Raccolse furtivamente due lacrime, le adagiò su una conchiglia d’argento e volò via. Le avrebbe mostrate al suo Signore, lassù.

Lo avrebbe subito raggiunto nei giardini del Paradiso. Egli, si sarebbe sicuramente impietosito, avrebbe trovato una soluzione adeguata a tamponare, mettere fine a tanto sconforto.Volò schivando nubi, seguendo una traiettoria ben precisa, sempre più su, fintanto che, in un verde prato, lo notò, mentre passeggiava pensieroso. Timidamente gli si avvicinò. " Signore.., dovrei parlarti..! Ho bisogno di Te. Vorrei veder tornare il sorriso sul volto di una piccola orfana…! Ti prego aiutala..! Non ha amiche…Ha solo una bambola, con cui parla, quasi fosse una vera bambina! Vedi..?? Ti ho portato un paio delle sue lacrime innocenti..!".

Il Signore, raccolse dalla mano di Gabriele quella mezza conchiglia con le due gocce ancora tiepide, poi tacque…Guardò, oltre una nuvola, verso un punto della terra, in cui si intravedeva, dietro una finestra, il visetto malinconico di una bimba che stava guardando scendere la neve. Gli giunse nitido il suo sospiro, il luccichìo degli occhioni bagnati.., un lacerante grido che le sgorgava dal cuore.., quasi una preghiera, un’invocazione…

" Da questo momento, quella bimba, non sarà più sola", mormorò. Rovesciò la conchiglia,in modo che le due calde lacrime ricadessero in direzione della casetta tra le montagne, raggiungessero il tetto e dal tetto, ricadessero sul letto su cui era stata rideposta Corallina, sulle stesse gote rosa della bambola..!

Alice, contro il vetro, continuava a piangere girando le spalle al suo lettino.

Improvvisamente, avvertì una piccola mano appoggiarsi dolcemente sulla sua spalla. Una voce cristallina le sussurrò..: " Ti prego, non piangere..! Ora non sei più sola. Ci sarò sempre e ancora io con te..!Ci faremo compagnia…, ti aiuterò..!".

La piccola, spaventata si girò di scatto. In casa non potevano esserci bambini..! Chi mai stava sfiorandola? Chi le stava parlando?".

Rimase annichilita. Sul letto la bambola non c’era più…. Dinnanzi le stava una bella bambina con il vestitino color corallo, due grandi, espressivi occhi azzurri e lunghi capelli castani. Aveva la dolcezza, i lineamenti di Corallina…!

"Corallina..?? Sei proprio tu?". La bambina annuì. Un grande, grato sorriso comparve sul visetto ancor incredulo di Alice. Guardando al di là del vetro, verso il cielo, mormorò a qualcuno Lassù il suo commosso, appena percettibile.."grazie" ...

E da una piccola balaustra di nubi, sospesa nell’azzurro, un tenero angelo, stringendo la mano del Signore, guardava orgogliosamente la scena, sorridendo contemporaneamente ad un uomo e ad una giovane donna bionda, dall’espressione più rilassata, che contemplavano commossi il primo, vero sorriso della loro piccina lontana, lasciata sulla terra…

 

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