Ho scritto poco quest'anno sulle pagine del mio sito....! Sono tornata, per poi riallontanarmi.... Il cuore stanco non riesce a trovare nel buio la speranza, che cercava inizialmente di sostenerlo. Il destino, sta giocando una delle sue partite più crudeli. Sta portando a distruzione una vita, mortificata da una malattia devastante. .No, non la mia purtroppo. Questo scampolo di anni, lo donerei volentieri senza ripensamenti, per salvare quella del mio ancor giovane familiare.  Ogni giorno, ogni notte, ogni istante, mi calo  nel suo cuore in punta di piedi. Pur non vedendolo, lo immagino abbandonato su quella particolare  poltrona. L'immobilità coperta , la gola senza più suoni, lo sguardo perso dentro lo schermo del televisore che, sono certa,  non riesce neppure  più ad evidenziare, immerso com'è  tra pensieri che hanno, da due anni a questa parte, preso  il colore della notte più cupa.

Sono accanto al suo letto la sera, anche quando non riesco ad essergli vicino per dargli, sulla fronte, il bacio materno della buona notte. (Accade di frequente, purtroppo. Non sono in grado di  spostarmi senza l'aiuto di mio marito, di qualcuno che riesca a sostenermi.). Lo ricambia con un sorriso dolce e mesto... Avverto il calore di lacrime inespresse. Fiamme roventi che mi fondono l'anima. Lacrime che so, lascia scorrere  sovente, bruciano le gote sul  bel volto che porta impressi i segni della rassegnazione, di una malcelata disperazione.  Penso ai suoi sonni.  Incubi che  al risveglio, gli offriranno la stessa terribile realtà. Mi chiedo se non possano essere alleggeriti, di tanto in tanto, da visioni serene di quel cammino intrapreso, subito interrotto dalla fatalità più cruda. Queste elucubrazioni, per un momento,  mi  riportano a papà. Volo con la mente ad una delle sue splendide, toccanti poesie. A quel sogno meraviglioso ed impossibile confidato ad un foglio, al mattino. Sogno di una notte  che, per una notte, gli aveva regalato  nuovamente la luce; la visione di un  sole radioso,  del  cielo più terso, di  vividi colori di fiori. Momenti di incredulità, felicità, strappati dal più brusco dei risvegli!  La notte, aveva magicamente dissipato la coltre scura ed irreversibile  calata, quale crudele sipario,  da tempo interminabile, dinnanzi ai suoi occhi..

La mente ritorna su di lui, sul frutto del mio dolore. La memoria arretra di oltre due anni. Torna ai primi sintomi della patologia.  Al  ricovero iniziale a Milano per accertamenti, in un noto ospedale. Quel pomeriggio, con mio marito, eravamo andati a trovarlo accompagnando mia figlia. L'angelo  che aveva da pochi mesi sposato e gli sta  vivendo teneramente accanto, assistendolo.  Era seduto sul suo letto ed io, al suo fianco, cercavo di parlargli con serenità. Ad un tratto mi disse che la mattina, era stato ricoverato un giovane. Era paralizzato, intubato. Compresi che ne era rimasto scosso.  Pur cercando di sorridere, era sicuramente preoccupato. Mi fece capire che non avrebbe mai  voluto ridursi in quelle devastanti condizioni. Tentai di rassicurarlo.

< A te non succederà > gli dissi < Ci saranno nuove cure. Anche di  sperimentali. La ricerca è attiva in questo settore! >. ( Anche la mia lo era. Scandagliavo Internet fino a tarda notte, sempre a caccia di notizie, in merito, recenti ed incoraggianti ). Mentre la scure,  stava  già  inesorabilmente colpendolo, restavo fiduciosa . Non lo avrebbe portato ad essere come quel ragazzo.  Quando venne l'ora di lasciarlo, mi accompagnò al cancello..., sino all'uscita sulla strada.

< Mi sono appena sposato! >, mi disse. Il sangue mi si gelò nelle vene. Lo tranquillizzai. Pregai, dal più profondo del cuore, quel Dio  che ancora mi illudevo esistesse, troppo distratto, perchè si degnasse di ascoltare la mia supplica. Esistono ogni tanto miracoli, continuavo a ripetermi. Non tutti gli esordi poi, in una stessa malattia, possono portare a medesimi  risultati. Cercavo di consolarmi, rifugiandomi in una positività che, pessimista di natura quale sono, non  mi era mai appartenuta. Mi aggrappavo all'illusione, cercando  forza tra le lacrime,  per poterla poi trasmettere a quei miei due sfortunati  ragazzi.

La situazione, in realtà, stava precipitando, ma ogni giorno, ogni peggioramento, mi faceva vedere più grande, immensa questa giovane coppia. Lui straordinario, nella dignità con cui stava affrontando ed affronta, una prova tanto aghiacciante. Lei sorridente, dolce, seppur  stremata ,  che cerca  tuttora di rendere più tollerabile un incubo, una tragedia combattuta  tra sempre maggiori difficoltà. Una quotidianità sempre più pesante anche per chi li circonda,  li aiuta,  li affianca con  dedizione, immenso amore.

Penso con angoscia profonda al caso Welby. Penso che lo Stato dovrebbe maggiormente finanziare un certo tipo di ricerca. Stimolare gli studiosi, affinchè possano arrivare al più presto a verificarne la causa, creando la possibilità di mettere a punto una cura salvavita. Penso che le famiglie dovrebbero essere aiutate nell'assistenza di  questi  gravissimi ammalati, senza dover, di tasca propria,  sborsare cifre spesso al di sopra delle proprie possibilità. Da capogiro. Subendo oltre al  dolore, il male, anche la beffa di trovarsi abbandonate a sè stesse. Prive di via d'uscita. Al collasso.

Penso che una persona che soffre, sia una persona speciale. Lui lo è. Lo è Borgonovo, lo sono tutti i giocatori  e non, che convivono con la SLA e sono tanti, troppi.  E' facile sentirsi grandi, quando non si hanno problemi! E' facile sorridere. Il sorriso rassegnato di una persona devastata che, quotidianamente conbatte la propria battaglia per la vita, penso racchiuda dentro di sè l'essenza stessa di Cristo, la stessa sua grandezza, lo stesso percorso, il medesimo calvario.

Penso che, superata la soglia del duemila, si  dovrebbe ricuperare umanità, maggiore sensibilità; dare maggior valore alla vita umana. Portare all'emarginazione individuali interessi per prodigarsi, rispettare, investire denaro allo scopo di offrire risposte in simili, umane tragedie. Non manca molto al Santo Natale. Giungerà anche la fine dell'anno con i suoi  festeggiamenti. Quest'anno però,  non avrò nulla da festeggiare, non alzerò il calice con lo spumante! Il 2010 se ne sta andando,  trascinando anche il fardello contenente il  nostro dramma familiare; ma non lo porterà molto lontano!  Soltanto, lo passerà  a un 2011 che, da subito,  non promette nulla di buono. Sarà, prevedo, di gran lunga più pesante, doloroso del precedente.

Vorrei concludere queste righe che, nonostante il voluto personale riserbo, vedono protagoniste persone che adoro e sono parte integrante della mia vita, della mia famiglia, con le parole del Dottor Mario Melazzini, a sua volta ammalato di Sclerosi Laterale Amiotrofica.. Sono  tratte dal suo commuovente libro " Un medico, un malato, un uomo " , perchè  è proprio la SLA, il male oscuro  che ha colpito e sta distruggendo questo mio giovane parente...

Le stesse declamano:

<< La malattia non porta via le emozioni, i sentimenti, e fa anzi capire che

l' "essere" conta più del " fare ".

Può sembrare paradossale, ma un corpo nudo, spogliato della sua esuberanza, mortificato nella sua

esteriorità, fa brillare maggiormente l'anima. >>

                   

                                                                      

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